Guardate questo intrico di spine
[06.04.13]
1.
Un po' di non catalogati. Dove dei poliziotti conciati meglio dei dimostranti spulciavano un mucchio di documenti sul cofano di un'auto, peraltro priva di segni di riconoscimento. Sono arrivati in borghese, mormorò qualcuno alle spalle di F. Il quale, da bravo reverendo, aspergeva gli astanti con uno scopino del cesso. Non aveva idea di come gli fosse finito in mano. Ehi Cassandre dell'ultima ora! Le grida si moltiplicavano: chi era Cassandra? una profetessa? e chi minchia se ne importa? I mattoni traforati non sono buoni da lanciare. Ben altro bisogno di barricate. Poi ci fu la carica e arrivarono le tv a riprendere di nuovo. Qualcuno si è montato la testa qui, pensò F. La rivolta era diventata una notizia da prima pagina. Asma, Riccardo, Marie, Vittorino e fratello, Stanica e gli altri, poco prima di darsi da fare, stavano parlando del Bene e su cosa si fondasse. F. li benedisse tutti, dall'alto del mucchio di pneumatici, come si conveniva a un'occasione solenne, mostrando il braccio levato che brandiva lo scopino sotto all'unico lampione ancora in funzione, in favore di telecamere. Poi scese dal monticciolo di gomme con due balzi e si fece largo fra i compagni, fendendo la folla in senso inverso, fino a sbucare sul lato est del corteo, quello che dava verso la stazione ferroviaria, delimitato da un cordone di poliziotti in tenuta anti-sommossa. Si piazzò a una spanna da uno di loro. Lo stava guardando? La maschera di protezione gli copriva il viso per intero. Ma poteva sentirne il respiro o era un'impressione generata dal ta-pum ta-pum dei colpi che arrivavano alle spalle per effetto della spinta dei compagni contro il simulacro di barricata che avevano tirato su alla bell'e meglio con quelle quattro carabattole che aveva trovato al piano terra del palazzo della Provincia? Alzò lo sguardo e intravide un drappello di uomini incravattati, appena dietro la fila dei pulotti. A ondate arrivavano le loro voci. Fatalità del caos.
– Che cosa resterà di tutto questo? – il sindaco Farber aveva l'aria tranquilla, forse troppo. C'era un tramestio di gente intorno. Cravatta sciolta, sguardo acquoso, Farber rispondeva al microfono di un Tg24 con la stessa espressione compita e istituzionale che se stesse commentando l'apertura di una Fiera Campionaria. La giornalista gli chiese se avesse intenzione di ordinare subito lo sgombero del palazzo della Provincia. Farber parve un po' in difficoltà. Si mise un dito sul naso, schiarì la voce con un paio di ehm ehm, e forse qualcuno dei suoi gli lanciò una voce perchè poi disse in modo più risoluto, perfino sorridendo: – Non era nella zona di sicurezza. – Non era che? F. ebbe pietà di lui. Adesso lo fanno a brandelli pensò, tirandosi su con le punte dei piedi. – E stacci attento con quel coso! – Il questore, in soprabito color crema tutto stazzonato e sporco sull'orlo di fango, sudatissimo, lo aggirò da dietro e con una mano inguantata indicò il suo braccio. – Oh questo. E' un aspersorio. – disse quietamente F., mollando la presa dello scopino, che rotolò sull'asfalto. Visto così, per terra, in effetti faceva un po' schifo. Il questore rise e passò dall'altra parte, infilandosi fra un poliziotto e l'altro.